indietro

A che punto siamo con le foreste in Italia? 

14 Giugno 2024

Buone e cattive notizie sui nostri ecosistemi forestali, che continuano ad espandersi da più di un secolo, ma allo stesso tempo devono fare i conti con le conseguenze del cambiamento climatico.

image

Nell’introduzione al Rapporto sullo stato delle foreste e del settore forestale in Italia (RaF) – disponibile sulla piattaforma della Strategia Forestale Nazionale – si legge come la conoscenza approfondita delle foreste, anche in termini statistici, “rappresenti una necessità strategica, non solo per poter definire coerenti ed efficaci azioni e interventi volti a una corretta gestione e valorizzazione del patrimonio forestale nazionale, ma anche per permettere alla politica e alla società di capire e riconoscere il ruolo e la responsabilità nel garantire la tutela e la salute delle foreste d’Italia”.

LE FORESTE ITALIANE

Questo patrimonio oggi è costituito da circa 9 milioni di ettari di foreste e da quasi 2 milioni di ettari di altre terre boscate: complessivamente le aree forestali coprono oltre il 35% del territorio nazionale. Questi dati provengono dai risultati dell’ultimo Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi di Carbonio (INFC 2015) che fornisce un esame approfondito e puntuale dello stato qualitativo e quantitativo delle foreste italiane.

La parola “patrimonio” inserisce nel discorso attorno ai boschi una duplice assegnazione culturale: da un lato sedimenta la percezione collettiva che si tratti di risorse in qualche modo capitalizzate e capitalizzabili, alimentando la concezione di forme di relazione con le foreste in qualche modo estrattive – non solo in termini materiali, ma anche ricreativi ed economici. Dall’altro, però, riferirsi ai boschi in quanto “patrimonio” aiuta a percepirli come ambienti ai quali attribuire un valore, intrinseco e misurabile. Gli ecosistemi forestali svolgono, infatti, una serie di servizi ecosistemici fondamentali: lo stoccaggio del carbonio, che viene fissato nei tessuti vegetali di alberi e arbusti, nei residui organici e nel suolo; producono valore ecosistemico riscontrabile nell’acqua che viene filtrata, depurata, trattenuta dal terreno e rilasciata nel lungo periodo; garantiscono un servizio di assestamento idrogeologico; e producono ossigeno e aria pulita. E di tutti questi valori e servizi è importante tenere conto nell’ampia panoramica di analisi dello stato di salute delle foreste.

 

Composizione foreste Italia

LA SUPERFICIE FORESTALE
IN ESPANSIONE

Dai dati rilevati si evince che la superficie forestale è aumentata costantemente nell’ultimo secolo, grazie alla colonizzazione spontanea di aree marginali o che hanno subito fenomeni di spopolamento e abbandono colturale. Il confronto delle stime di superficie prodotte dagli ultimi tre Inventari Forestali Nazionali – riferiti a 1985, 2005 e 2015 – testimonia il sensibile aumento della superficie forestale: l’incremento nei tre intervalli è pari rispettivamente a 0,3% e 0,2% della superficie nazionale, ovvero 77.960 ettari nel primo ventennio e ben 52.856 nel secondo decennio.
Per le epoche antecedenti al 1985 non sono disponibili dati da inventari forestali su scala nazionale, ma un documento di valore storico è la Carta Forestale del Regno d’Italia del 1936, da cui è possibile derivare un dato indicativo di superficie forestale pari a 6.364.000 ettari (più di un terzo in meno dell’attuale, quasi la metà).

 

Leggi anche Legno modificato e altre ricerche

 

I boschi quindi si diffondono in Italia, riprendendosi quegli spazi che nei secoli erano loro stati sottratti, posizionando addirittura l’Italia tra i primi dieci paesi al mondo per espansione spontanea delle foreste. Ma questo aumento della superficie forestale pone anche delle sfide, facendo sì che i professionisti e i ricercatori del settore si stiano interrogando con sempre maggior intensità da un lato su come provare a rendere i boschi più resilienti e resistenti alle condizioni alle quali sono ora soggetti (come eventi metereologici estremi o una diminuzione delle precipitazioni), e dall’altro su come approfittare delle potenzialità che offre una foresta in espansione, orientando e governando porzioni di questo processo.

Foreste cambiamento climatico Italia

FORESTE
E CAMBIAMENTO CLIMATICO

Ma oltre alla loro superficie, delle foreste è in aumento anche la vulnerabilità. L’Italia è uno dei paesi che si riscaldano di più del mondo a causa del cambiamento climatico – più del doppio rispetto alla media del pianeta, con oltre 2 gradi guadagnati nell’ultimo secolo – e questo mette in difficoltà molte delle dinamiche che avvengono all’interno di questi ecosistemi: il caldo richiama acqua dal terreno, la fa evaporare sottraendo nutrimento agli alberi, innescando spesso forme di difesa estreme come la riduzione della dispersione idrica tramite l’abbandono precoce delle foglie che, però, a loro volta, servono a nutrire la pianta grazie alla fotosintesi. Alberi così indeboliti diventano così estremamente vulnerabili non solo durante eventi come incendi o forte vento, ma anche agli attacchi di parassiti e batteri. Questa fragilità è addirittura maggiore nei casi di foreste piantumate, anziché di tipo semi-naturale e multifunzionale – un caso emblematico è quello dei boschi colpiti dalla tempesta Vaia, composti prevalentemente da abeti rossi piantati dopo la Seconda guerra mondiale. Boschi misti, invece, sono più produttivi perché favoriscono la complementarietà nell’uso delle risorse ambientali, assorbono più anidride carbonica e distribuiscono meglio il rischio di disturbi naturali.

Inoltre, le condizioni metereologiche e climatiche alle quali questi alberi si sono evoluti in milioni di anni, si sono spostate in pochissimo tempo a quote più elevate. Questo significa che molti boschi, oggi, vivono in ambienti diversi da quelli all’interno dei quali si sono adattati e hanno sviluppando forme di risposte e reazioni. Le foreste migreranno quindi verso l’alto e cambieranno la loro composizione biologica, come evidenziato da uno studio pubblicato su Frontiers in Forests and Global Change, anche se probabilmente la loro migrazione non sarà compatibile con la velocità dei cambiamenti ai quali si troveranno a dove reagire. In più, le zone sommitali delle aree montane tendono a non essere idonee ad ospitare superfici forestali, per via della composizione e della disponibilità del suolo, e la biodiversità degli ecosistemi che ora popolano quelle aree in alta quota potrebbe essere a sua volta minacciata dall’arrivo di nuove specie arboree.

La grande sfida della ricerca nel prossimo futuro sarà quindi provare a capire come le foreste reagiranno al clima che cambia, benché abbiano una forte resilienza ai disturbi, per cercare di prepararsi adeguatamente e immaginare politiche di gestione forestale sostenibile ambiziose, per continuare a garantire i servizi e i valori prodotti da questi ecosistemi.