indietro

Tessuti sostenibili (e tech)  

28 Marzo 2025

Un approfondimento sul tessile, dalle nuove risorse agli smart textiles, fino alle norme che regolano il settore e le innovazioni, legate anche al mondo del design.

image

Dall’abbigliamento all’automotive, i prodotti del settore tessile sono presenti quotidianamente nelle nostre vite e sono impiegati in un’ampia gamma di applicazioni tecniche e decorative che spesso non conosciamo. Ogni materiale ha le proprie caratteristiche e funzionalità, ma sono tutti riconducibili a tre grandi tipologie principali: i tessuti naturali, creati con fibre di origine vegetale o animale, i tessuti sintetici, frutto di processi chimici e industriali, e i tessuti artificiali che vengono creati attraverso l’utilizzo di sostanze chimiche, ma si differenziano dai precedenti perché generati a partire da una risorsa naturale. Questi ultimi si considera, pertanto, abbiano un impatto ambientale minore in quanto non utilizzano materie di origine petrolifera: esempi di questa categoria sono la viscosa e gli altri materiali tessili classificati come bio-based, a base quindi biologica.

TESSILE E IMPATTO AMBIENTALE

Dato l’ampio utilizzo di tessuti in svariati settori e di risorse per la loro produzione e lavorazione, il tessile ha un impatto significativo sui nostri ecosistemi: solo nell’Unione Europea, generiamo circa 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ogni anno, di cui viene riciclato il 22%. Il processo di produzione, invece, si stima sia responsabile circa del 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile e che il lavaggio di capi sintetici rilasci annualmente 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari.

NUOVE RISORSE E PROCESSI INNOVATIVI

Oltre a strategie e norme per ridurre l’impatto del settore, da qualche anno il mondo del tessile sta sperimentando nuove risorse a partire dalle quali produrre i filati – come scarti di produzione o microrganismi – e brevettando nuovi processi con un ridotto impatto ambientale.

Leggi anche Il design rigenerativo, con Maurizio Montalti

REVOLTECH

Revoltech, per esempio, è una startup tedesca che ha sviluppato due materiali di nuova generazione a base vegetale: LOVR™, ottenuto da residui di canapa, e MATTR™, derivato dalle alghe. Ciò che distingue questi materiali non è solo la loro origine – entrambe due specie viventi, e quindi con la capacità di rigenerarsi se gestite correttamente – , ma anche il loro innovativo processo di fabbricazione. Per il primo materiale, gli ingredienti vengono combinati e lavorati utilizzando una macchina industriale, consentendo una produzione su larga scala in rotoli. A differenza delle fibre sintetiche o bio-based, ottenute per estrusione, questo metodo garantisce uniformità, scalabilità e flessibilità d’uso in settori come l’automotive, la moda e il design d’interni. MATTR™, ancora in fase di sviluppo, segue un processo di formulazione specifico, progettato per garantire morbidezza e adattabilità, rendendo MATTR™ un’alternativa innovativa ai materiali tradizionali.

tessuto Revoltech Mattr
tessuto Revoltech Mattr™, ph. Jan Schölzel

ORANGE FIBER

L’italiana Orange Fiber, invece, è il primo marchio al mondo a produrre fibre sostenibili dal pastazzo, lo scarto della spremitura di limoni e arance. Fondata nel 2014, il brand utilizza un processo brevettato per produrre fibre tessili partendo dalla cellulosa estratta da questo sottoprodotto industriale. Attraverso i diversi progetti speciali che segue, dalla partecipazione a mostre alla creazione di capsule collection e progetti custom, Orange Fiber collabora con aziende, produttori e marchi di lusso per diffondere l’utilizzo di tessuti a basso impatto ambientale e sensibilizzare l’industria e i consumatori.

NANOLLOSE

Un altro caso studio degno di nota è l’australiana Nanollose: l’azienda di biotecnologie ha sviluppato un processo che sostituisce la cellulosa naturale – utilizzata nell’industria tessile per la produzione di fibre artificiali come la viscosa – con quella microbica, ottenuta da rifiuti organici e agricoli industriali, che viene poi trasformata in fibre di Tree-Free Rayon (Nullarbor™) con un impatto ambientale minimo, senza sfruttamento del suolo, di risorse idriche o l’utilizzo di pesticidi. Nel 2019, Nanollose ha creato il primo abito indossabile utilizzando la sua fibra Nullarbor™, ricavata dagli scarti di cocco.

tessuto Nullarbor
tessuto Nullarbor, courtesy Nanollose

Se sei un produttore di materiali sostenibili e innovativi, candidati a entrare a far parte della nostra Libreria Materiali per il settore legno-arredo. Clicca qui e scopri come fare in pochissimi passaggi.

ANANAS ANAM

Un’altra azienda che sfrutta i rifiuti agricoli per i propri prodotti è Ananas Anam, specializzata nella fornitura di soluzioni tessili a basso impatto: nello specifico, il brand utilizza le foglie di ananas per creare tessuti e filati naturali innovativi.
Piñayarn®, per esempio, è un filato a basso impatto ambientale, 100% vegetale, riciclabile e biodegradabile. Grazie alla tecnologia di filatura a secco, la produzione non necessita di acqua e di sostanze chimiche nocive e il risultato è naturalmente traspirante e attento all’ambiente: attraverso la valorizzazione dei rifiuti, ogni kg di filato Piñayarn prodotto permette di risparmiare l’equivalente di fino a 6 kg di emissioni di CO2 rilasciate nell’atmosfera.

BANANATEX®

Sviluppato da QWSTION, marchio svizzero di zaini e borse realizzate con materiali plant-based, Bananatex® è un tessuto di nuova generazione che rispetta i principi Cradle to Cradle e le normative EN 13432 e ISO 14851. In questo caso, la materia prima viene ricavata dagli steli delle piante di banana Abaca, coltivate in modo rigenerativo nelle Filippine per la riforestazione di aree danneggiate dalle piantagioni di palma. Grazie all’elevata resistenza meccanica della fibra di cui è composto, Bananatex® risulta resistente e durevole, ma anche leggero e flessibile, un’alternativa circolare ai tessuti sintetici.

SMART TEXTILES

Un’altra nuova frontiera nel mondo dei tessuti sono gli smart textiles, cioè una serie di prodotti definiti “intelligenti” grazie all’unione tra fibra e tecnologia integrata. Questa innovazione è resa possibile dallo sviluppo di sensori e componenti elettroniche con una scala sempre più ridotta che, applicati al tessuto o intrecciati con le fibre, permettono al materiale di percepire stimoli esterni, monitorare e rilevare dati o anche reagire a manipolazioni meccaniche, termiche e chimiche, modificando la propria struttura.
Gli smart textiles hanno quindi un’applicazione molto varia: dai settori chiave come quello medico, questa tipologia di tessuti può essere anche utilizzata in ambito sportivo, militare, aerospaziale, per uso industriale e tecnico.

DAL 3D KNITTING AL SOLID KNITTING


Un’innovazione degli ultimi anni per il mondo tessile, e nello specifico della maglieria è il 3D knitting, cioè la tecnica di lavorazione a maglia senza cuciture. Diversamente dal metodo standard che prevede il progetto delle singole parti e la successiva cucitura, questo nuovo approccio permette di creare un intero capo in tre dimensioni grazie all’utilizzo di macchine per maglieria 3D. In questo modo non si spreca materiale e ogni punto cucitura è regolato e controllato con precisione per dare un capo pronto da indossare.

Nonostante questa tecnica sia pensata ad hoc per la maglieria, ci sono stati sviluppi interessanti anche per il mondo dell’arredo: il solid knitting. Ideata dall’ingegnere giapponese Yuichi Hirose e sviluppata alla facoltà di informatica della Carnegie Mellon University insieme a James McCann, professore associato presso il Robotics Institute, la “maglieria solida” è una nuova tecnica di produzione che non solo lavora a maglia il tessuto esterno, ma usa il filato per creare sedie, tavoli e altri oggetti tridimensionali solidi. Al momento il prototipo del macchinario permette la stampa di forme 3D semplici come triangoli e rettangoli ma l’obiettivo è produrre oggetti più complessi come sedute e arredi.  Un’innovazione unica che è anche attenta alla sostenibilità: nel momento in cui si vuole cambiare un arredo, basta srotolare il materiale e riutilizzare il filato per lavorare a maglia il prossimo pezzo.

Immagine in apertura: tessuto Revoltech Doku, ph. Jan Schölzel