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Green claims: come si comunicano prodotti e processi sostenibili?  

12 Settembre 2024

Ne parliamo con due esperte del settore che, a partire dalle indicazioni dalla nuova direttiva europea, ci raccontano buone pratiche, errori comuni e novità che riguarderanno presto la comunicazione della sostenibilità, anche nel design.

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Cosa si intende per green claims?  Cosa si può dire e fare all’interno delle attività di comunicazione? Spesso ciò che è d’effetto dal punto di vista comunicativo potrebbe essere problematico da quello legale. O viceversa.
Alecsia Pagani, avvocato e partner di Contini Studio Legale, e Alice Pedretti, Sustainability Director di Havas PR, raccontano le fondamentali novità rappresentate dalla direttiva sui green claims, la 2024/825, entrata in vigore a livello europeo e che l’Italia ha due anni per recepire a livello nazionale, rendendola obbligatoria sotto tutti i profili.

INTRODUZIONE AI GREEN CLAIMS

Questa direttiva detta regole più incisive e stringenti per garantire una corretta informazione al consumatore, tenendo in considerazione concetti di sostenibilità che non si limitano agli aspetti ambientali ma che includono espressamente anche quelli sociali (il Legislatore Europeo ha anzi posto le basi per reprimere condotte che già oggi si stanno cominciando a identificare come “socialwashing”). A tal fine, è stato ampliato il concetto di ingannevolezza che rende, per esempio, obbligatorio l’avere un marchio di certificazione per poter vantare certe qualità, o quanto meno sistemi di eccellenza di riferimento. La materia non è immediata, ma Pedretti e Pagani approfondiranno queste tematiche nell’incontro del 19 settembre dedicato a “Sostenibilità e comunicazione. Novità legislative e giurisprudenziali” parte del corso 2024 “Diritti di Proprietà Intellettuale e sostenibilità”, dove si potrà scendere nei dettagli con esempi pratici, positivi e negativi.

 

CHIARI, VERI, VERIFICABILI

“Oggi la sostenibilità è diventata per i consumatori uno dei motivi di acquisto del prodotto, se non il principale, al di là dell’aspetto estetico o della marca, e questo è molto rilevante anche nel mondo dell’arredamento” – spiegano Pagani e Pedretti. Tuttavia, per mettere in luce questi aspetti, è fondamentale comunicare in maniera corretta i contenuti per non andare incontro a sanzioni a livello pubblicitario, comunicativo o persino penale.

I punti di partenza restano quelli delle linee guida precedenti: chiarezza, veridicità, prove a sostegno di ciò che si afferma e la non ambiguità del messaggio. Oltre a questi la direttiva è andata ulteriormente a specificare che, per affermare determinati contenuti e vantare caratteristiche “ambientali” in merito al prodotto e/o al suo processo di realizzazione, è necessario avere un riconoscimento obiettivo da parte di terzi. “Asserzioni ambientali generiche quali ‘rispettoso dell’ambiente’, ‘verde’, ‘amico della natura’, ‘ecologico’, ‘rispettoso dal punto di vista del clima’, ‘rispettoso in termini di emissioni di carbonio’ etc, non potranno quindi più essere utilizzate se non accompagnate da un marchio di sostenibilità. Questi marchi, se prima erano un optional, adesso diventano obbligatori, e possono provenire solamente da un sistema di certificazione oppure da eccellenze delle prestazioni ambientali o sociali riconosciute.”

 Iscriviti al corso gratuito “Sostenibilità e comunicazione. Novità legislative e giurisprudenziali” del 19 settembre 2024.

“In tutti i settori si è allargata la tendenza a comunicare che i prodotti sono ‘verdi’, ma l’arrivo di questa nuova direttiva evidenzia come sia subentrata la necessità di ridimensionare queste affermazioni, anche perché non tutti possono affermare di essere ‘verdi’.” I principi guida delle Nazioni Unite, i Sustainable Development Goals, forniscono un ottimo esempio di come la sostenibilità sia composta da una miriade di concetti tematici diversi, che vanno dall’ambiente alla società, dai diritti all’acqua, dall’educazione all’economia, costruendo un immaginario fatto di tanti colori e tante azioni diverse.

APPROCCIO DI SISTEMA
ALLA SOSTENIBILITÀ

“Alla luce di tutto questo, pare evidente come ci troveremo davanti ad una necessità di coordinamento sempre maggiore tra ambiti legali e comunicativi.” Da entrambi i punti di vista, a cui si aggiunge quello proprio della sostenibilità, le aziende si trovano tuttavia a diversi livelli di maturità e la cosa più importante è, quindi, essere ben equipaggiati con il lavoro di misurazione quantitativa e qualitativa che sta a monte, che consente di comunicare con dati verificati e verificabili. “In moltissimi casi si tratta semplicemente di capire ‘cosa già si fa bene’ e possibilmente di misurare l’impatto di altre strategie che si potrebbe attivare con facilità” – continuano Pagani e Pedretti.

Più si sarà in grado di integrare tutte queste azioni all’interno dell’operatività, sia di routine quotidiana sia di pianificazione annuale delle aziende, più sarà facile che tanti di questi passaggi diventino naturali: “se sono abituato a misurare certe azioni è più facile che io ottenga una certificazione senza dover progettare un prodotto apposta. Se sono abituato a rendicontare annualmente le mie attività, allora nel momento in cui mi viene richiesto da una normativa, ho già la documentazione pronta e corretta. Più, quindi, riesco a integrare tutte queste azioni nella normalità, più sarà facile per me assorbire quel vocabolario tale per cui sono consapevole di come sto producendo e di conseguenza lo trasmetto ai consumatori in maniera puntuale ed efficace.”

INTEGRARE
PRODUZIONE E COMUNICAZIONE

È indispensabile, in questa cornice, studiare in anticipo quello che si decide di comunicare, in modo tale che sia efficace dal punto di vista comunicativo, ma anche corretto dal punto di vista legale, così che poi, se il consumatore volesse verificare, non si troverebbe davanti ad informazioni fuorvianti o ingannevoli. Spesso le aziende dell’arredo veicolano questo tipo di informazioni in maniera volontaria, fermo restando che non hanno alcuni degli strumenti immediati che caratterizzano altri settori, come il packaging per il mondo food o beauty. Anche in questo caso entra in gioco il tema del continuo miglioramento del processo e di conseguenza del prodotto: le aziende che integrano in tutte azioni virtuose in termini di sostenibilità, si troveranno ad operare in un sistema di produzione-comunicazione che le agevolerà sul mercato sul medio periodo.

LA DIRETTIVA 2024/825

Il requisito essenziale dei green claims è ad ogni modo che siano chiari, semplici, facilmente ed immediatamente comprensibili. La direttiva europea 2024/825 conferma il percorso che si sta facendo specificando sempre di più i campi di azione, le terminologie e stringendo sulla necessità di dati a conferma delle affermazioni. I punti cardine della Direttiva 2024/825, che verranno poi approfonditi nel corso del 19 settembre sono:

  1. Delineazione del concetto di “asserzione ambientale” (per la quale è importante il riferimento a “messaggi”, “rappresentazioni figurative”, “marchi, nomi di marche, nomi di società o nomi di prodotti”) e di “asserzione ambientale generica”, intesa quale ogni dichiarazione scritta o orale “non inclusa in un marchio di sostenibilità e la cui specificazione non è fornita in termini chiari ed evidenti tramite lo stesso mezzo di comunicazione”.
    Resta dunque fermo quello che oggi abbiamo definito come punto di partenza della comunicazione ambientale: e cioè i claims devono essere chiari, semplici, immediatamente comprensibili anche se relativi ad aspetti tecnici, e verificabili nei dati di riferimento;
    La genericità viene considerata pratica commerciale ingannevole (e sleale) ex sé: asserzioni come “rispettoso dell’ambiente”, “amico della natura”, “biodegradabile”, ecc. non potranno più essere utilizzate se non accompagnate da un “marchio di sostenibilità”, oppure da un “sistema di certificazione” o ancora da “un’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali”.
  2. Valorizzazione dei marchi di sostenibilità e dei sistemi di certificazione quali strumenti di autenticazione delle comunicazioni, dove per:
    – “marchio di sostenibilità” si intende “qualsiasi marchio di fiducia, marchio di qualità o equivalente, pubblico o privato, avente carattere volontario, che mira a distinguere o promuovere un prodotto, un processo o un’impresa con riferimento alle sue caratteristiche ambientali o sociali o entrambe” (esempi: EMAS/ECOLABEL);
    – “sistema di certificazione” si intende un “sistema di verifica da parte di terzi che certifica che un prodotto, un processo, o un’impresa è conforme a determinati requisiti, che consente l’uso di un corrispondente marchio di sostenibilità”;

La combinazione dei punti 1) e 2) comporta quindi che l’asserzione ambientale debba essere “autenticata” da un marchio di sostenibilità o da un sistema di certificazione, altrimenti non si può utilizzare. Ad esempio, se il marchio di sostenibilità o il certificato non contempla l’aspetto della biodegradabilità in relazione al mio prodotto/processo, non posso farvi riferimento, pena ingannevolezza.

  1. Ampliamento del concetto di ingannevolezza, che viene ad includere oltre agli aspetti ambientali anche quelli sociali. Vengono in rilievo anche i parametri di durabilità, riparabilità, riciclabilità del prodotto, l’assistenza post-vendita, etc.
  2. Ampliamento della lista di condotte considerate sleali in re ipsa. Ad esempio, viene ulteriormente specificata la condotta per cui non posso riferire all’intero prodotto una caratteristica ambientale certificata soltanto in relazione ad un suo componete.

 

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