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Il Rapporto ASviS 2024

1 Novembre 2024

Il nono report di ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, evidenzia che gli obiettivi dell’Agenda 2030 sono ancora lontani: alcuni dei temi del documento tra urgenze, accelerazioni, transizioni, politiche e proposte.

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Il nono Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), intitolato “Coltivare ora il nostro futuro”, sottolinea un’importante realtà: “l’Italia sta seguendo un sentiero di sviluppo insostenibile” e ha ancora molta strada da fare per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) fissati dall’Agenda 2030.
Presentato il 17 ottobre 2024 a Roma, il Rapporto ASviS – frutto della competenza e del confronto tra i quasi mille esperti che operano nei suoi gruppi di lavoro – evidenzia che, nonostante gli impegni internazionali, le politiche attuate non sono sufficienti a garantire un futuro sostenibile. Il fatto di confrontarsi “con crescenti rischi catastrofici ed esistenziali, molti causati dalle scelte che facciamo”, come si legge nelle prime righe del Patto sul Futuro firmato il 22 settembre alle Nazioni Unite, non è una novità per chi analizza i dati esistenti, i rapporti degli scienziati, le conclusioni degli esperti di economia, società e politica. Quello che si osserva, illustra in modo plastico e drammatico il nucleo del messaggio contenuto nell’Agenda 2030: l’alternativa a un mondo sostenibile è un mondo insostenibile. E non solo da un punto di vista ambientale, ma anche da quello economico, sociale e istituzionale.

GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE

La sostenibilità non è solamente una questione che investe tematiche energetiche o climatiche, che richiede esclusivamente singoli interventi nei processi produttivi o nelle politiche pubbliche, ma significa tenere in considerazione l’importante fatto che accelerare la transizione all’insegna dell’innovazione aumenta il reddito e l’occupazione: un cambiamento strutturale e globale.
A circa sei anni dalla data entro cui il mondo si è impegnato a conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) definiti nell’ambito dell’Agenda 2030 firmata da tutti i Paesi delle Nazioni Unite nel 2015, è importante constatare che, tuttavia, con il ritmo attuale solo il 17% dei Target globali monitorati verrà raggiunto entro i termini previsti, mentre non si registrano progressi, o si osservano addirittura peggioramenti, per almeno un terzo dei Target, come descritto nel Capitolo 1 del Rapporto. I dati del Rapporto mostrano un ritardo significativo dell’Italia nel raggiungere i gli SDGs: solo otto obiettivi sono considerati raggiungibili entro il 2030, mentre 22 sono fuori portata e sette sono incerti: negli ultimi anni, l’Italia ha registrato un peggioramento in cinque aree chiave, tra cui povertà e disuguaglianze, mentre alcuni miglioramenti sono stati riscontrati in salute e innovazione.

LA FASE STORICA DELLA “POLICRISI”

Questo riguarda anche la situazione globale: per la prima volta da decenni, il numero di persone in estrema povertà nel mondo è aumentato a causa della pandemia e della riduzione di investimenti nei servizi essenziali. Quest’anno, in più, dopo gli aumenti ripetuti registrati nell’ultimo quinquennio, per la prima volta il pianeta ha superato per lunghi tratti la soglia di +1.5°C di temperatura rispetto ai livelli preindustriali – la soglia considerata critica fin dal secolo scorso in maniera condivisa dalla comunità scientifica. È cresciuta la frequenza e l’intensità degli eventi climatici estremi, così come i danni da essi provocati anche in termini di perdita di produzione agricola, peggioramento della salute, migrazioni e crisi economiche. Inoltre, si osserva una situazione drammaticamente tesa anche dal punto di vista geopolitico, con conflitti tra stati e tensioni crescenti internamente ad essi. Insomma, viviamo in una fase storica caratterizzata da ciò che gli studiosi hanno definito “policrisi”, cioè l’intersezione di vecchie e nuove crisi che minano il progresso e la sopravvivenza del genere umano.

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LA RICHIESTA DI IMPEGNO

Parallelamente però, cresce la domanda di sviluppo sostenibile in tutto il mondo. Secondo alcune recenti indagini d’opinione, oltre che le preoccupazioni per l’inflazione e il cambiamento climatico, le persone esprimono una chiara consapevolezza della necessità di agire con urgenza per affrontare le sfide del nostro tempo, ma anche una forte sfiducia nei confronti dei governi nazionali, con significative differenze tra i Paesi ad alto reddito e quelli a medio e basso reddito: ad esempio, questi ultimi sono in generale più ottimisti circa il proprio futuro, mentre Stati Uniti, Paesi europei e Giappone sono più pessimisti. L’alta preoccupazione della popolazione per la crisi ecologica, per esempio, si riflette in un dato emblematico evidenziato nel Rapporto ASviS: il 93% degli italiani che chiede maggiori impegni nella lotta al cambiamento climatico.
Otto persone su dieci tra quelle intervistate in 77 Paesi chiedono più protezione da eventi climatici estremi e un’azione più decisa nel proprio Paese in materia. Il 68% degli intervistati nei Paesi G20 sostiene la proposta di un aumento delle tasse per ricchi e super-ricchi come strumento per trasformare l’economia e promuovere benessere diffuso, il 71% si aspetta dai governi un’azione significativa per ridurre le emissioni di carbonio e rallentare il riscaldamento globale, il 75% chiede una sanità pubblica, gratuita o accessibile, il 74% il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e il 76% crede che ci sia troppa diseguaglianza economica.

IL RITARDO DELL’ITALIA

L’Italia è in forte ritardo su tutti glu Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, con peggioramenti significativi in settori chiave come la povertà, l’acqua e l’uguaglianza. Solo pochi indicatori mostrano miglioramenti e in modo molto contenuto. Nonostante l’urgenza e il sostegno dei cittadini, secondo il Rapporto ASviS mancano un piano di accelerazione per gli obiettivi stagnanti e un coordinamento delle politiche settoriali previsto dalla Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile. Le recenti misure legislative presentano contraddizioni, come nei decreti sull’energia, e la versione finale del PNIEC rilancia le fonti fossili e il nucleare, allontanando l’Italia dagli obiettivi di riduzione delle emissioni. Anche il Piano Strutturale di Bilancio (PSB) non sfrutta appieno le nuove regole europee per investire nelle transizioni ecologica e digitale, limitando l’impatto sul PIL e mancando gli obiettivi energetici e climatici del 2030.

IL RITARDO GLOBALE

Il Rapporto non si limita a esaminare la situazione italiana; evidenzia anche che a livello globale, il percorso per attuare l’Agenda 2030 è incerto, con solo il 17% degli obiettivi monitorati destinato a essere raggiunto. In questo contesto, l’incontro mondiale del “Patto sul Futuro” segna un passo cruciale per migliorare la governance globale, impegnando i paesi che l’hanno sottoscritto in 56 azioni per un futuro sostenibile, con focus su sviluppo, sicurezza e tecnologia. Nella premessa al Patto (che comprende due importanti allegati, la “Dichiarazione sulle future generazioni” e l’”Accordo digitale globale”), i leader del mondo riconoscono che i rischi attuali richiedono un cambio di rotta, in assenza del quale il pianeta rischia di precipitare irreversibilmente in uno scenario di crisi devastanti e persistenti. Il Patto rappresenta perciò un fondamentale punto di riferimento per coltivare ancora un’idea comune di futuro.

4 GAME CHANGERS

Il Rapporto, infine, identifica quattro “game changer” fondamentali per il futuro dell’Italia, in negativo o in positivo. Tra questi, la Legge sull’autonomia differenziata, che potrebbe aggravare le disuguaglianze, e le Direttive europee sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese, che richiederanno maggiore responsabilità e impegno. Le nuove normative europee sulla sostenibilità aziendale, infatti, potrebbero rafforzare la competitività e la trasparenza delle imprese italiane, migliorando pratiche ambientali e sociali. Inoltre, il Regolamento europeo sul ripristino della natura introduce obblighi di tutela ambientale che, se attuati con il Piano nazionale di ripristino, potrebbero generare anche nuova occupazione. Infine, la modifica costituzionale del 2022 rafforza la protezione ambientale e intergenerazionale; una recente sentenza della Corte Costituzionale sottolinea l’importanza di bilanciare la tutela dell’ambiente con le esigenze economiche. Per questo, l’Italia potrebbe introdurre una valutazione dell’impatto generazionale nelle nuove leggi per tutelare gli interessi delle generazioni future.

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