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La Water Footprint nel design

20 Luglio 2024

Perché e come misurare l’impatto dei prodotti anche sotto il profilo del consumo di acqua.

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Quantificare gli impatti ambientali generati da un prodotto – o da un’attività in generale – fa parte della metodologia di indagine inscritta nel Life Cycle Assessment, che misura un ampio ventaglio di parametri durante l’intero ciclo di vita di un oggetto o di un servizio. In questo ventaglio, insieme al consumo energetico e all’impronta di carbonio, è fondamentale tenere in considerazione la Water Footprint, ovvero l’impronta lasciata dagli impatti che sono legati all’utilizzo dell’acqua. La Water Footprint si divide tra quella generica, che prende in considerazione tutti gli aspetti legati all’acqua, come l’eutrofizzazione, l’acidificazione, la tossicità per l’uomo o per l’ambiente, etc, utilizzando le categorie tradizionali dell’LCA, e la Water Scarcity Footprint, che invece prende in considerazione solamente gli impatti legati al consumo idrico. Analizzando la Water Footprint si ottiene così un’indicazione sulla sostenibilità spazio-temporale della risorsa utilizzata per fini antropici: serve acqua per produrre praticamente tutto ciò che scegliamo di costruire, acquistare, mangiare, utilizzare e buttare via e di conseguenza nessun processo, prodotto o servizio può avere un’impronta idrica pari a zero.

BLU, VERDE, GRIGIA

La Water Footprint si ottiene mettendo insieme tre componenti: l’acqua blu, che si riferisce all’acqua superficiale o sotterranea prelevata perché direttamente utile alla produzione – è la quantità di acqua dolce che non torna a valle del processo produttivo nel medesimo punto in cui è stata prelevata o vi torna, ma in tempi diversi -; l’acqua verde, che corrisponde al volume di acqua piovana utilizzato; e l’acqua grigia, che rappresenta il volume di acqua inquinata alla fine del processo, quantificata come il volume di acqua necessario a diluire gli inquinanti al punto che la qualità delle acque torni sopra gli standard previsti.

Nel 2014 l’impronta idrica dell’Italia ammontava a 136.543 metri cubi, con l’impronta idrica di ciò che proveniva dall’estero che corrispondeva a 81.491 m3 (59,7% della Water Footprint totale) e l’impronta idrica domestica pari a 55.052 m3 (40,3% del totale). L’impronta idrica blu rappresentava il 20% della Water Footprint totale, la verde il 64% e la grigia il 16%.
Misurare cosa succede all’acqua sotto il profilo di impatti e consumi è fondamentale in tutti i settori, anche in quello dei prodotti per l’arredo.

Water Footprint italia

IL SETTORE FORESTALE

Un altro esempio che aiuta a comprendere come mai sia così importante analizzare il consumo d’acqua è costituito dalle analisi che cercano di ricostruire e quantificare quello che accade dal punto di vista idrico nel settore forestale: la Water Footprint per metro cubo di legno è significativamente minore quando la materia prima arriva da foreste tropicali e subtropicali, rispetto a quella proveniente da quelle boreali o temperate, perché nel primo caso le foreste ospitano più valore sotto forma di servizi ecosistemici che sotto il profilo della produzione di legno. In quest’ottica, il riciclo dei prodotti in legno potrebbe effettivamente ridurre l’impronta idrica del settore forestale, lasciando così più acqua disponibile per la generazione di altri servizi ecosistemici.

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LA TECNOLOGIA

Risalendo la supply chain e mettendo insieme i dati che si possono raccogliere intorno all’impatto idrico di un prodotto, è facile farsi un’idea di come il consumo di acqua lungo i vari step della catena di approvvigionamento sia presente in ogni fase. Uno smartphone, per esempio, è composto da risorse materiche di diversissimo genere, compresi metalli rari, metalli comuni, vetro e plastiche, e la produzione include fasi come l’estrazione, la creazione di prodotti chimici sintetici come colle, o siliconi e infine assemblaggio e imballaggio. Le catene di approvvigionamento di questi materiali e i luoghi nelle quali avvengono le diverse lavorazioni si estendono in tutto il mondo fino a raggiungere luoghi come l’Indonesia, le Filippine e la Cina. L’acqua associata a ogni passaggio si somma all’impronta idrica blu, mentre la produzione delle parti crea acque reflue che vengono rilasciate nei corsi d’acqua circostanti. Questi corsi d’acqua hanno spesso limiti di inquinamento che i produttori devono rispettare prima di poter inviare le acque reflue nelle tubature e poi nei corsi d’acqua, cubando così nell’impronta idrica grigia che, nel caso dello smartphone, costituisce la parte maggiore dell’impronta idrica totale. Sommando l’acqua necessaria per tutti i passaggi necessari per realizzare uno smartphone, l’impronta idrica della produzione di un singolo telefono supera i 12mila litri circa.

LE PREVISIONI

Misurare la quantità di acqua consumata (direttamente e indirettamente) e inquinata – tenendo conto dei diversi tipi di risorse idriche – costituisce uno strumento prezioso per aziende, politici e individui per comprendere e affrontare i propri impatti legati all’acqua. Secondo l’OCSE, la domanda globale di acqua dovrebbe aumentare di circa il 55% entro il 2050, a causa della crescente domanda da parte del settore manifatturiero (+400%), della produzione di elettricità termica (+140%) e dell’uso domestico (+130%) e per esempio il settore edile rappresenta circa il 30% del consumo globale di acqua dolce.